[D&D - La Nuova Alba] Irish

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mekx
view post Posted on 28/12/2006, 18:56




Il ragazzo entrò nella soffitta impolverata e, finalmente, dopo tanto tempo poteva fare quello che sempre aveva sognato: aprire il forziere impolverato che era li da anni e che aveva sempre destato la sua curiosità. Armato di martello e scalpello ruppe il lucchetto e, con in un silenzio quasi sacro, aprì lo scrigno. All’interno, insieme ad alcuni oggetti, avvolto in un panno, su trovava un libro rilegato in cuoio
“Storia dei più valorosi combattenti dal mondo antico”. Esitante, il ragazzo, tirò fuori il volume e lo aprì.
“Irish” questo il titolo del primo capitolo. Sistematosi sulla poltrona iniziò a leggere


Le armate erano schierate l’una di fronte le altre. Da una parte la compattezza e la disciplina dell’esercito regolare, dall’altra la superiorità numerica e la rabbia dell’esercito ribelle.
Gli elmi abbassati sui visi abbronzati delle legioni che avevano visto ormai troppe battaglie, le spade e gli scudi levati al cielo nell’ultimo grido prima dell’inizio della battaglia.

Questo scontro era la loro ultima speranza prima di dover rifugiarsi nel passo che era l’ultima possibilità per impedire ai nemici l’accesso alla città.

Infatti un uomo senza nome e senza volto era riuscito a convincere degli uomini a seguirlo in un periodo di terrore che avrebbe devastato l’intera terra di Uhagj.

I comandanti, tra cui Irish, passavano i rassegna le truppe in sella alle loro cavalcature per controllare che tutto fosse in ordine per l’imminente battaglia. Finito il controllo si raggrupparono alle spalle del reggimento di fanteria. Il silenzio scese sul campo, interrotto infine dallo squillo di una tromba. Contemporaneamente una selva di dardi infuocati partì dalle retrovie dell’esercito in direzione dei ribelli lanciati nella carica, falciandone qualche centinaia e, quelli che non erano morti sul colpo rimasero schiacciati dai loro compagni.

Intanto la fanteria si era chiusa creando una muraglia di scudi, muniti di una punta al centro, in modo da ferire o uccidere chiunque vi arrivasse a contatto e, come se non bastasse, le file antecedenti impugnavano lunghe lance che usciva dagli spazi tra gli scudi.

I rinnegati, che nella loro follia sembrava non si accorgessero delle numerose punte fuoriuscenti dalla muraglia che si parava loro davanti, andarono a frantumarsi contro di essa. Di risposta i fanti dell’esercito fedele al re, presero ad avanzare, spingendo con la spalla gli scudi in modo da travolgere quanti più nemici potessero.

Ad un nuovo squillo di tromba l’intero esercito inizio poi a diversi dal fondo, per poi riunirsi una volta passato quello che sembrava solo una nuvola di polvere. Gli uomini rimasero sbigottiti di fronte a tale manifestazione, non riuscendo a capire cosa fosse, fino a quando non si riversarono in mezzo a loro qualche centinai di cavalieri roteando asce, mazze e spade ad uccidere quanti più nemici potessero. I ribelli subito si voltarono per reagire alla nuova minaccia, dimenticandosi del fronte di fanti davanti a loro, i quali, approfittato del momento propizio, lasciarono passare le file di combattenti fino ad allora rimasti inattivi.

Sul terreno, gia rosso per il sangue dei morti, iniziarono a scorrere rivoli di sangue, sul quale, se non si faceva attenzione, si rischiava di scivolare segnando la propria fine. I cavalli furono i primi a cadere, sia per i fendenti ricevuti sia per la scivolosità del terreno. I cavalieri, balzati di sella, si raggrupparono e, spalla spalla, continuarono a massacrare tutti i nemici che capitavano loro vicino. Irish era in mezzo e loro e, grazie alla sua grande mazza non trovava difficoltà nel compiere il suo dovere. Era però stupito di questo fatto. Infatti negli scontri precedenti i ribelli avevano sempre mostrato una certa tattica e non avevano mai in cosi tanti erano periti sotto gli attacchi dell’esercito. Sembrava quasi che non importasse in quanti morissero ma che l’obbiettivo fosse distrarli. Appena ebbe finito di formulare questo pensiero si guardò verso ai due lati, rimasti sguarniti nell’attacco e vide realizzarsi le sue peggiori paure. Il resto dell’esercito ribelle era pronto all’assalto. Se fossero riusciti a compierlo sarebbe stata la fine visto il certo esito della battaglia a favore delle orde loro favore.

Irish era diventato comandante sia per le sue capacità in combattimento sia per la sua velocità d’analisi anche sotto stress che poche persone potevano sopportare. Chiamati al suo fianco gli altri comandanti diede loro le istruzioni necessarie per non perdere l’intero esercito. Ogni capitano si mise a correre verso il suo battaglione, che si dispose a quadrato, in modo da resistere maggiormente ad un attacco di massa. I quadrati cosi formati contenevano ciascuno un’unita di arcieri, in modo da poter colpire i nemici anche durante la ritirata. I comandi furono dati appena in tempo per vedere le due orde ai lati avanzare come un unico muro compatto. Irish si accorse subito che buona parte dell’esercito sarebbe però rimasta chiusa tra i due fronti delle truppe nemiche.

L’ultima sua arma era perciò l’inganno, se fosse riuscito a fare credere al nemico che il re era davanti all’intero esercito, cioè nella sua esatta posizione, probabilmente le orde nemiche avrebbero lasciato perdere il resto delle milizie per convergere sulla presunta posizione del re. Irish si girò verso i suoi uomini e gridò loro: “Ricordate quando dicevo che sarebbe capitato di dover sacrificarci per l’intero esercito? Bene, è arrivato il momento” detto questo prese lo stendardo della sua compagnia e lo sostituì con quello della casata reale.
La reazione delle orde fu istantanea. Guidate dai loro comandanti le orde nemiche lasciarono proseguire l’esercito nella ritirata e si diresse verso lo stendardo reale. Nel frattempo Irish fece chiudere la sua legione a quadrato ed egli si pose in mezzo del lato verso il quale sarebbe sopraggiunto l’esercito dopo aver piantato lo stendardo al centro della formazione. “Uomini, avete fatto un giuramento, è ora di mantenerlo. Noi moriremo, ma non inutilmente, e ricordate, portate con voi quanti più nemici potete!”. Queste furono le sue ultime parole prima di venire sovrastati dal fragore della carica nemica.

Le orde s’infransero sugli scudi dei combattenti, costringendo quindi il quadrato a chiudersi ulteriormente su se steso per non divedersi. Immediatamente gli arcieri iniziarono a scoccare frecce in direzione delle teste dei demoni uccidendo tutti quelli che colpivano. I fanti, guidati da Irish menavano fendenti arrestando momentaneamente le armate nemiche. Nonostante la loro bravura i primi guerrieri iniziarono a cadere, ma l’importante era tenere impegnata l’armata affinché l’esercito fosse riuscito a ritirarsi sul passo. “Tra poco toccherà anche a me”, questi erano gli ultimi pensieri, riferendosi al momento in cui anche lui sarebbe stato sopraffatto. Intanto continuava a far roteare la sua mazza in direzione dei nemici. La sua armatura era sporca di sangue, dei nemici e dei compagni morti affianco a lui. Intanto le sue file si erano notevolmente ridotte e perfino gli arcieri, che avevano finito le frecce, avevano impugnato le daghe e combattevano. Una nuova carica partì delle orde nemiche facendo rimanere in piedi solo Irish e un altro guerriero che combatteva schiena contro schiena uccidendo gli ultimi nemici prima della fine. Irish senti cadere un peso contro di se e capì di essere rimasto solo. Con un ultimo colpo uccise un altro nemico e poi tutto si fece nero sopra di lui.

Irish si risveglio in una tenda, sorvegliato da due guardie. Le fasciature dimostravano che era stato curato e non ne capiva il motivo. Perchè tenere in vita un nemico inutile? La risposta non si fece attendere. Un uomo con il volto coperto entrò nella tenda: “Ti starai domandando perché sei ancora in vita” disse costui “bene, abbiamo osservato come hai sacrificato te e la tua compagnia per tutto l’esercito. Un’azione degna del più valoroso dei combattenti. Però adesso noi adesso abbiamo un problema. A causa di questa tua azione il resto dell’esercito è riuscito a rifugiarsi al passo e adesso sarà difficile stanarlo.” Fece un cenno ai due e questi si affiancarono ad Irish “ecco, io ti faccio una proposta, prima, però, devi vedere una cosa.”. Detto questo le due guardie lo aiutarono ad uscire dalla tenda.

Appena fuori Irish vide l’intera armata schierata ai piedi del piccolo promontorio che alloggiava le tende. “vedi” disse lo sconosciuto “i miei superiori volevano consegnarti agli aguzzini per rivelare le tattiche di difesa, ma io sono riuscito a convincerli a farti una proposta, potrai essere te stesso a guidare le armate verso il passo per conquistarlo. Adesso tocca a te scegliere, avrai tempo fino a stasera” disse muovendo i primi passi per andarsene. “Aspetta” lo fermò Irish “ ho già deciso”. Fin da piccolo il suo sogno era quello di comandare un intero esercito verso la vittoria e quel sogno adesso si è realizzato. “Accetto la vostra proposta.” Detto questo tornò nella tenda. La sera stessa tornò lo sconosciuto dal volto coperto. “Domani all’alba partiremo alla volta del passo, nel frattempo contiamo sul fatto che tu stia valutando un adeguata strategia…” detto questo se ne andò. Irish aveva già pensato alla tattica, ma adesso preferiva andare a dormire.

All’alba dell’domani una mano lo scuotè per svegliarlo. “Presto, stiamo per partire. Appena sei pronto vieni fuori, il tuo cavallo ti aspetta”. Irish si alzò e, indossata l’armatura e attaccata la mazza alla cintura usci nell’incerta luce del mattino. Sali sulla sua cavalcatura e si diresse verso la testa dell’esercito dove l’aspettavano i comandanti.

Irish si rivolse a loro “Superare il passo sarà difficile, ma se seguite la mie direttive ce la faremo,” controllo di avere l’attenzione di tutti e poi continuò “gli arcieri saranno appostati dietro a quelle rocce” e indico una seri di massi alla sinistra del passo “l’unico modo per fare in modo che non colpiscano è accecarli, e a questo ho gia pensato. Capirete voi quando attaccare” detto questo sia allontanò e si diresse verso l’esercito.

Si rivolse quindi ad alcuni uomini dell’esercito. “Avete preparato quello che vi avevo chiesto?” “Si, mio signore” rispose il soldato più alto in carica “bene, allora fate quello che vi ho ordinato.” Gli uomini alzarono quindi gli scudi sopra le teste e, prese delle fascine di sterpaglie verdi, si diressero alla base della postazione degli arcieri. In risposta questi cominciarono a tempestare gli uomini di frecce, le quali si conficcavano negli scudi in legno e cuoio senza arrecare alcun danno. Arrivati alla base delle rocce deposero le fascine e vi appiccarono fuoco. Subito un denso fumo bianco sali a coprire la visuale agli arcieri che smisero di lanciare frecce sia per l’impossibilità di mirare sia per la difficoltà a respirare e a tener gli occhi aperti.

L’esercito comincio allora ad avanzare in corsa in direzione del passo. Da questo scese alla carica l’intero reggimento di cavalieri. In condizioni normali, vista la rapidità della discesa e la conseguente velocità dei cavalieri, il reggimento avrebbe distrutto completamente più di metà esercito senza che questo avesse la possibilità di ribellarsi.

Irish, invece, che aveva previsto anche questo, aveva posto degli uomini armati di lunghe lance al centro dell’esercito. Queste furono alzate quando i cavalli si trovano a neanche una decina di metri di distanza dal fronte dell’esercito, troppo tardi per invertire la marcia o rallentare. Molti cavalieri perirono infilzati sulle lance e, nonostante che i cavalieri che seguivano riuscirono a dirigersi chi a destra e chi a sinistra per evitare le lance vennero completamente falciati dagli arcieri dell’esercito attaccante.

Questo era l’inizio della fine, infatti senza gli arcieri a disposizione e avendo perso l’intero reggimento di cavalleria il passo sarebbe caduto dopo pochi minuti. E cosi accadde. L’intero esercito avanzò sul passo, e nonostante che le prime linee vennero schiacciate tra i due fronti dell’esercito la linea difensiva venne spezzata e l’intera armata ribelle si dispose nella pianura di fronte alla città, pronta a devastarla.

Irish salutò l’esercito che aveva comandato per quella giornata impennando il suo cavallo e mostrando la mazza al cielo e si diresse galoppando verso il tramonto.


Un rumore destò il ragazzo. I genitori erano tornati. In fretta pose il libro all’interno del forziere e, dopo averlo chiuso scese dalla scala. Il ragazzo sapeva già che alla prima occasione disponibile sarebbe tornato per leggere una altra storia e tornare, almeno con la mente, in quell’epoca passata.
 
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